di Giancarlo Liuzzi

"Fratelli di culla": dagli articoli di Barinedita sul brefotrofio nasce il docufilm di Alessandro Piva
BARI – Il regista barese Alessandro Piva trae spunto da un servizio di Barinedita per realizzare il documentario dal titolo “Fratelli di culla”, in uscita nel prossimo autunno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il film racconterà infatti la storia del brefotrofio del capoluogo pugliese, l’istituto di via Amendola che dagli anni 30 fino agli anni 90 del 900 accolse i neonati indesiderati e abbandonati dai genitori. Ente a cui la nostra testata ha dedicato due articoli: uno nel 2014 e l’altro nel 2016.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’autore di “La Capa Gira”, “Mio Cognato” e “Santa Subito” ha quindi approfondito la vicenda attraverso le emozionanti testimonianze di chi lì ci ha lavorato e vissuto. Riuscendo anche ad accedere in alcuni particolari locali della struttura, quali l’antica cappella dove la domenica si teneva la messa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Abbiamo così incontrato Piva per parlare della nascita e dell’elaborazione dell’opera. (Vedi foto galleria)

L’idea di “Fratelli di culla” nasce quindi da un servizio di Barinedita?

Esatto: lo spunto iniziale per realizzare il film mi è venuto leggendo anni fa il vostro racconto sul brefotrofio. Abito quasi alle spalle della struttura e, appena scoperta la sua incredibile storia, ne sono rimasto subito affascinato, decidendo in seguito di produrre un documentario. Del resto la solidarietà all’infanzia è un tema a cui sono legato da tempo: l'ho già trattato nel 2011 in “Pastanera”, che racconta la condizione di vita dei minori nel Mezzogiorno dopo la guerra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Che cosa l’ha colpita maggiormente di questo pezzo di storia?

Il fatto che la vicenda sia stata dimenticata, nonostante le migliaia di persone e bambini coinvolti. Il docufilm vuole in qualche modo preservare e tramandare questo racconto di grande attenzione e cura verso l’infanzia e, soprattutto, non lasciare che la testimonianza orale di chi ha vissuto quel luogo si perda totalmente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In un nostro articolo avevamo ascoltato il racconto di “nonna Gina”, che al brefotrofio aveva  lavorato negli anni 50 e 60. Lei chi è riuscito a incontrare?


Tramite i commenti pubblicati in calce al vostro servizio abbiamo rintracciato prima di tutto chi aveva lavorato nell’istituto: infermiere, assistenti sociali e bambinaie che conservano con gioia gli emozionanti ricordi dei “loro” tanti piccoli. Ma soprattutto siamo riusciti a incontrare i bambini che sono cresciuti lì. Persone oggi diventate adulte che sono state ben liete di ricordare la propria storia. Molti di loro fanno parte del “Comitato nazionale per il diritto alla conoscenza delle origini biologiche” e di altre associazioni che si occupano del diritto, per chi è stato abbandonato, di risalire all’identità di chi li ha messi al mondo. Un qualcosa che in Italia è ancora impedito dalla legge. Tra di loro si chiamano “fratelli di culla”: un appellativo che ho scelto come titolo del film.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non siete però ancora riusciti a intervistare una delle mamme che all’epoca lasciò il proprio figlio nell’istituto.

Come detto non è facile risalire alla loro identità per via delle leggi sui dati sensibili. Approfittiamo così di questa intervista per fare un appello a coloro che sono stati costretti ad affidare all’istituto i propri figli: contattateci via mail a fratellidiculla@gmail.com, per raccontarci i motivi e le emozioni provate al momento dell’abbandono. Tra l’altro sarebbe bello se questo film desse la possibilità a figli e genitori di ricongiungersi finalmente dopo decenni. Un’altra cosa: cerchiamo anche documenti, foto e video legati alla città di Bari nel periodo tra gli anni 50 e 70, per poter evidenziare il contesto cittadino in cui si è svolta questa storia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel vostro viaggio siete riusciti anche a visitare alcuni ambienti del brefotrofio.

Alcune delle interviste le abbiamo registrate proprio sul posto. Quando siamo riusciti a visitarlo ci siamo resi conto di come fosse una sorta di “città nella città” totalmente autosufficiente dotata di tutti i servizi. Abbiamo visto le stanze in cui erano accuditi i bambini e la cappella privata dell’istituto: luoghi fermi nel tempo dove si percepisce ancora la forza emotiva del loro passato. Un posto però abbandonato e inutilizzato: speriamo che il film possa sensibilizzare sul recupero della struttura, magari da destinare proprio a fini sociali legati all’infanzia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quando uscirà “Fratelli di culla”?

La fase di produzione sarà ultimata entro l’estate e il film verrà presentato al pubblico in autunno, nelle sale cinematografiche e nei vari festival. Nel 2025 andrà invece in onda su Rai cinema, per far sì che la toccante storia del brefotrofio di Bari possa essere conosciuta da tutta l’Italia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Giancarlo Liuzzi
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